Auguri ragazzi.

Sono giorni che rifletto, riordino le idee, cerco di pensare alle informazioni che ho raccolto col mio lavoro, Con i miei incontri… Sono stati mesi faticosi, credo lo siano stati per tutti, lo ammetto mai come in quest’ultimo periodo mi sono confrontata con una sofferenza dalle molteplici sfaccettature ed è stato necessario mettere in campo tantissima energia, anche per chi non ne aveva più o pensava di non averne. A ottobre ho avuto poi la fortuna di incontrare alcune classi intere di voi ragazzi. Una professoressa mi ha chiesto se fossi stata disponibile a parlare nella sua scuola del Covid e dei suoi effetti; parlare dell’esperienza che avevo avuto durante il lockdown, le videochiamate e le telefonate con gli adolescenti, quello che avevo osservato durante l’estate e a settembre, un confronto sulle esperienze, sui vissuti, raccontando di ragazzi attraverso altri ragazzi. E’ stata una bellissima esperienza e come sempre succede nell’occasione in cui devo dare, ricevo in cambio tanto di più proprio da voi ragazzi. Ho chiesto ai ragazzi che ho incontrato, come avessero vissuto il loro Lockdown, tanti hanno dichiarato di averlo vissuto bene, per molti è stata l’opportunità per ritrovare altri ritmi per affrontare (o evitare) situazioni che generavano paura e preoccupazione: ad es. l’interrogazione davanti agli altri, non saper con chi stare durante l’intervallo, il non dover destreggiarsi tra impegni scolastici ed extrascolastici. Per altri ragazzi è stato un misto di noia, limitazione, blocco, per altri ancora è stato un tempo sospeso, sentivano di aver perso il proprio scopo, saltati i loro punti di appiglio, le abitudini che scandivano il tempo, la certezza di uno spazio di svago che ripagava i giorni di fatica, che restituiva loro energia. Mi hanno detto di aver avuto paura di ricominciare, paura di poter perdere gli amici, che nulla fosse più come prima, “se siamo riusciti a star lontani a far senza uno dell’altro, non avrà/avranno più bisogno di vedermi”. Molti hanno passato l’estate cercando di riprendersi quello che avevano perso, hanno ammesso che ciò che più è mancato è stata la fisicità, lo scambio d’affetto, la gestualità. Mi hanno spiegato che si sono preparati per il rientro a scuola, sentivano gravare una grande incognita ma pur tentando di conservare l’ottimismo giusto, questo non sempre è bastato e, in molti, il rientro (per certi anche prima durante l’estate) ha attivato un bagaglio di sintomi: ansia, attacchi di panico, insonnia, nausea e vomito, poca fiducia in se stessi, fatica ad andare a scuola pur avendo desiderio di andarci. Ho sentito tanta rabbia, ma anche tanta delusione, si sono sentiti presi in giro, hanno osservato gli adulti e ne hanno rilevato le incoerenze. Mi hanno espresso la fatica di poterne parlare ai genitori, di non sapere come fare e questo credo che sia molto importante: i ragazzi hanno voglia e bisogno di parlare ma non chiedono consigli o giudizi, chiedono di essere solo ascoltati.

La vostra sofferenza ragazzi è quella che fa più male, certo il dolore non si può misurare ma in voi ho potuto leggere un tormento composto di aspetti così diversi che si fatica a capire da che parte iniziare, non è semplice identificare il capo del filo in una matassa ingarbugliata. Rispetto allo scorso maggio, si parla un po’ di più di voi adolescenti. Se ne parla perché ci sono state le problematiche rispetto alla gestione della scuola, dei mezzi di trasporto, oppure perché forse ci si è finalmente accorti che avete dei bisogni che sono stati spazzati via, cancellati. So che siete arrabbiati, so che ciò che vi disturba di più è aver sperimentato a più riprese l’incoerenza dell’adulto. Certo è un modo strano questo di fare i conti con la perdita dell’adulto immaginario, quello di cui ci si può fidare, cui appoggiarsi, da cui avere protezione certa, quello che ha una soluzione giusta, che non sbaglia mai, ci si deve arrivare a questo ma non così.

 Questo periodo vi ha dato modo di vedere che gli adulti sono fallibili, tanto, anzi parecchio. Avete letto la nostra confusione, la nostra disorganizzazione, il nostro essere contraddittori. Avete capito che possiamo essere apparentemente illogici, sconnessi dalla realtà, tutte cose che si rinfacciano a voi, quando noi genitori e adulti vi chiediamo di essere concreti, di prendere decisioni, di essere responsabili… vi siete sentiti, come tutti noi, tenuti in sospeso nella necessità dei politici di dover prendere decisioni che accontentino tutti, o che non scontentino alcuni. Avete visto come a volte gli adulti sono costretti a decidere e a penalizzare qualcuno, a volte forse come tutti noi non avete capito, siete stati disorientati da scelte, comunicazioni contrastanti. Si parla in qualche articolo di voi e si comincia dire che il coronavirus inizia ad avere, anche su di voi, forti effetti. Forse è da prima di maggio che il virus ha incominciato a lasciare dei segni su di voi, ma voi siete stati forti, avete cercato di resistere con le vostre belle risorse e probabilmente ora siete così stanchi che credete di non averne più. Vi ho visto cercare di far fronte a questa guerra, accettare le rinunce, a non poche, quante rinunce! Vi ho visto prima, adattarvi agli orari, agli ingressi modificati, alle finestre aperte con i primi freddi, alle mascherine sul viso fisse, a non potersi parlare alla ricreazione come avreste voluto, a non poter fermarsi fuori di scuola per due parole, per un abbraccio. Vi ho visto rinunciare all’uscire il pomeriggio, a dover scegliere chi incontrare per stare dentro i numeri imposti, dover scegliere solo quattro amici e a sentirvi dire “allora niente”, vi ho visto dover rinunciare alla palestra, ai corsi di danza, al nuoto, allo sport, al ritrovarsi in piazza, alle uscite per una pizza, allo stare in casa a guardare anche un film, a stare attenti a rientrare di corsa… Vi ho sentito silenziosamente affranti, mi avete detto che vi è stato tolto tutto ciò che per voi rappresenta non solo un divertimento, una passione, ma anche la possibilità di poter scaricare la fatica, le tensioni e le angosce. Vi ho visto perdere la voglia di alzarvi, lavarvi il viso e vestirvi per partecipare alla lezione online, vi ho visto perdere il vostro ritmo del sonno, modificare l’appetito, perdere la voglia di fare, mi avete fatto capire che vi siete sentiti giorno dopo giorno sempre più inutili… C’è una rabbia muta, la delusione di non poter festeggiare un compleanno, non poter celebrare la patente, di non poter programmare e progettare l’ultimo dell’anno, c’è la paura che gli amici si allontanino, come se questo mare d’isolamento vi circondasse rendendovi isole galleggianti che si allontanano sempre di più… Vi ho visto spegnervi, ho visto estinguersi quell’eccitazione sana del passaggio da un ciclo all’altro degli studi, la voglia e il fermento di cambiare classe, inserirsi in un nuovo gruppo, poter provare a rimettersi in gioco con nuovi professori, nuove materie, avete avuto appena il tempo di conoscere la classe per poi ritrovarvi di nuovo chiusi in casa e quindi a non sapere su chi contare e per chi contiate qualcosa. Ho visto molti di voi stare fisicamente male e non riuscire ad attribuire un nome a questo malessere, spesso lo avete chiamato ansia, ma penso che accanto a questo ci sia molto di più; c’è la paura di essere gli unici a provare tutto ciò, di non poterlo spiegare come state, la volontà di non preoccupare i vostri genitori che magari vedete già impegnati in altri pensieri, già tesi per altri motivi… voi che avete bisogno di stabilità e coerenza da parte degli adulti vi siete trovati, come tutti noi, disorientati, spaesati, sgomenti davanti a messaggi a volte poco comprensibili, contraddittori, privi di buon senso. Avete smesso di ascoltare pareri che si accavallano, che confondono e non aiutano ad avere chiarezza. Così molti di voi sono stati criticati per essersi “rintanati” nelle vostre camere e vi siete scontrati con i vostri genitori per far capire loro che era una necessità, anziché una fuga, che è il vostro bisogno di ritrovare uno spazio integro, l’urgenza necessaria di creare quella distanza dai vostri genitori che vi permette di potervi individuare, di trovare il tempo e lo spazio per immaginare che individuo sarete. Vi ho visto scivolare nella noia e nell’apatia, spesso interpretati come un’ennesima prova di pigrizia, anche se non è sempre e solo così. Mi avete detto che vi sembra di perdere delle occasioni, di buttare via il tempo. Come vi dicevo lo so bene che non è facile, cerco di capirvi, di comprendere ma aldilà di annotare ciò che vi sta accadendo ho bisogno di dirvi qualcos’altro. Sicuramente vi siete già sentiti dire che non durerà per sempre, che tutto questo finirà. Lo so, non avere una data, una scadenza rende tutto più gravoso, però se posso vorrei suggerirvi un esercizio: iniziate a programmare, progettare anche senza una data. C’è un tempo per la tristezza, c’è un tempo per il lamento, c’è un tempo per la preoccupazione ma poi è necessario che tutto questo sia chiuso in un cassetto e si aprano altri cassetti. Come dico spesso a qualcuno di voi, avete una serie infinita di cassetti dentro di voi, nella vostra testa e nel vostro cuore, sono molto utili, come i cassetti di casa: qualche volta possiamo nasconderci delle cose, buttate dentro alla rinfusa, per creare un ordine esterno, come a volte facciamo quando arrivano ospiti e racchiudiamo tutto dentro i cassetti. Tuttavia in quei cassetti o in altri cassetti ci possiamo trovare anche cose che ci possono tornare utili, bisogna aprirli. Ora è il momento di aprire il cassetto della speranza, questa parola a volte può sembrare screditata, sembra che sperare sia uguale a non agire, ci s’immagina fermi a sperare che cambi qualcosa, io non penso a una speranza passiva ma a una speranza attiva. È vero non ci sarà un ultimo dell’anno di festa con gli amici, l’occasione di riunirsi, di festeggiare, di dare il benvenuto al nuovo anno; sarà un ultimo dell’anno in cui ci ritroveremo come quella volta che ci siamo ammalati proprio il giorno della partenza della gita, come quando c’è scoppiata la febbre o l’influenza intestinale qualche ora prima della fantastica festa dell’ultimo dell’anno, come quella volta che ci siamo rotti un tendine e non siamo potuti partire per la vacanza programmata per mesi con i nostri amici, oppure quando non siamo riusciti a preparare il passaporto in tempo… Quest’anno è quest’anno, non è tutta la vita, cominciate a pensare all’anno prossimo a ciò che potreste fare. I sogni ad occhi aperti non sono il patrimonio esclusivo delle bambine che vogliono diventare principesse, i sogni ad occhi aperti aiutano a diventare invincibili atlete, attori affermati, imprenditori capaci, medici coscienziosi ed empatici, genitori amorosi, ottime cuoche, gentili commessi …

Avete paura? E chi non ce l’ha? Abbiamo subito tutti un danno, ognuno il suo e voi uno più grande, ma chi ha subito un danno è pericoloso, perché non ha più paura, sa di poter sopravvivere, e voi sopravvivrete; con delle cicatrici in più, che resteranno nella mente e nel cuore, ma se vi prenderete cura della vostra ferita, sarà un segno che rimarrà a ricordo, come un tatuaggio, di quelli che vi fate per fermare un momento, per rendere omaggio a qualcosa, a qualcuno. Ebbene queste cicatrici possono essere un omaggio a quello che siete stati nel momento della difficoltà, a come avete resistito e reagito, e se non avete la forza di farlo subito, raccogliete le forze, parlate, dite quello che sentite, cercate e troverete qualcuno che è lì per ascoltarvi, c’è, credetemi. Abbandonate i “mai” e fate spazio ai “si può”, guardatevi allo specchio e strizzate l’occhio a quello che scorgete; dentro di voi c’è tanto di più di ciò che vedete, cercatelo, prendetevi il tempo, non potete trascurarvi. Mi rivolgo a voi genitori, ci sarà chi starà approfittando della situazione, chi con la DAD si porta a casa senza troppo sforzo l’anno, c’è chi s’impigrisce e non dà, ma c’è chi sta resistendo, chi si adatta, chi lo fa onestamente e con dignità, chi si sta perdendo e ha bisogno di poter esprimere il suo disorientamento, le incertezze e le paure. Forse noi adulti non abbiamo tutte le risposte, non abbiamo la bussola, ma possiamo sederci accanto a loro ad ascoltare, preparare un the caldo e guardarli negli occhi, sdraiarci con loro sul loro letto sfatto e guardare insieme con loro il soffitto della loro camera.

Cos’ è necessario fare? Non esistono ricette ma credo che sia importante ri-tentare, tentare, come a volte si fa senza sapere se andrà bene, e se non andrà come deve andare si riproverà, perché se una cosa non va, si disfa e si rifà, altrimenti non c’è storia. Quando un sogno non va in porto, è necessario poter credere che ce ne sarà un altro. Sperare e difendere i propri sogni ad ogni costo, riprovare, ma voi siete in grado di farlo, l’avete in voi la forza per fare e disfare per provare e riprovare, per fare un giorno quello che amerete fare, credetemi. Potete restare a lamentarvi oppure combattere.

Un grande poeta E.E.Cummings diceva: “Ogni volta che credi o che pensi o che sai, sei tante altre persone: ma nel momento in cui senti, non sei altro tranne che te stesso…Non essere altro che se stessi in un mondo che giorno e notte fa del suo meglio per renderti qualcun altro vuol dire combattere la più dura battaglia che ogni essere umano possa affrontare, senza smettere mai di battersi…”.

Allora posso solo dirvi che lo so che è difficile, che normale per voi sarebbe poter progettare, prendere impegni, immaginare viaggi, immaginare un lavoro, conquistare un amore.  Quest’anno sembra perso, sembra non aver portato che guai, niente di buono, vuoto, buio ma non è così. E’ come se vi foste preparati a una gara senza raggiungere l’obiettivo, come sperare di aver fatto bene un colloquio di lavoro ma poi non essere richiamati, come sperare di uscire con una persona che v’interessa e all’ultimo essere respinti. Quest’anno non è un vuoto a perdere e non lo siete voi, è un allenamento a possibili imprevisti imponderabili che potrete avere nella vostra vita, e voi arriverete pronti, forgiati, come un metallo, magari una lega impura, ma sarà ancora più resistente. Tutto quello che avreste voluto fare, sognatelo, preparatelo, siate voi stessi, fatevi sentire, anche con i vostri silenzi, c’è chi attorno a voi è pronto ad ascoltarvi, ad aiutarvi e a ripartire. Auguri ragazzi, di cuore.