“Quando mi portano un bambino […], io non so mai qual è la prima
domanda che gli farò. Lo guardo, lo saluto…e poi mi viene in mente la
prima domanda; scendo così al suo livello di comunicazione, con umiltà
[…], mentre in me c’ è uno sdoppiamento: un io che osserva e un io che
conversa […], a volte è un attimo, altre volte è un fatto sofferto, altre volte
ancora è una ricerca” (Bollea, 2003).
Sono giorni che rifletto,
riordino le idee, cerco di pensare alle informazioni che ho raccolto col mio
lavoro, Con i miei incontri… Sono stati mesi faticosi, credo lo siano stati per
tutti, lo ammetto mai come in quest’ultimo periodo mi sono confrontata con una
sofferenza dalle molteplici sfaccettature ed è stato necessario mettere in
campo tantissima energia, anche per chi non ne aveva più o pensava di non
averne. A ottobre ho avuto poi la fortuna di incontrare alcune classi intere di
voi ragazzi. Una professoressa mi ha chiesto se fossi stata disponibile a
parlare nella sua scuola del Covid e dei suoi effetti; parlare dell’esperienza
che avevo avuto durante il lockdown, le videochiamate e le telefonate con gli
adolescenti, quello che avevo osservato durante l’estate e a settembre, un
confronto sulle esperienze, sui vissuti, raccontando di ragazzi attraverso
altri ragazzi. E’ stata una bellissima esperienza e come sempre succede nell’occasione
in cui devo dare, ricevo in cambio tanto di più proprio da voi ragazzi. Ho
chiesto ai ragazzi che ho incontrato, come avessero vissuto il loro Lockdown, tanti
hanno dichiarato di averlo vissuto bene, per molti è stata l’opportunità per
ritrovare altri ritmi per affrontare (o evitare) situazioni che generavano
paura e preoccupazione: ad es. l’interrogazione davanti agli altri, non saper
con chi stare durante l’intervallo, il non dover destreggiarsi tra impegni
scolastici ed extrascolastici. Per altri ragazzi è stato un misto di noia,
limitazione, blocco, per altri ancora è stato un tempo sospeso, sentivano di
aver perso il proprio scopo, saltati i loro punti di appiglio, le abitudini che
scandivano il tempo, la certezza di uno spazio di svago che ripagava i giorni
di fatica, che restituiva loro energia. Mi hanno detto di aver avuto paura di
ricominciare, paura di poter perdere gli amici, che nulla fosse più come prima,
“se siamo riusciti a star lontani a far senza uno dell’altro, non avrà/avranno
più bisogno di vedermi”. Molti hanno passato l’estate cercando di riprendersi
quello che avevano perso, hanno ammesso che ciò che più è mancato è stata la
fisicità, lo scambio d’affetto, la gestualità. Mi hanno spiegato che si sono
preparati per il rientro a scuola, sentivano gravare una grande incognita ma pur
tentando di conservare l’ottimismo giusto, questo non sempre è bastato e, in molti,
il rientro (per certi anche prima durante l’estate) ha attivato un bagaglio di
sintomi: ansia, attacchi di panico, insonnia, nausea e vomito, poca fiducia in
se stessi, fatica ad andare a scuola pur avendo desiderio di andarci. Ho
sentito tanta rabbia, ma anche tanta delusione, si sono sentiti presi in giro, hanno
osservato gli adulti e ne hanno rilevato le incoerenze. Mi hanno espresso la
fatica di poterne parlare ai genitori, di non sapere come fare e questo credo
che sia molto importante: i ragazzi hanno voglia e bisogno di parlare ma non
chiedono consigli o giudizi, chiedono di essere solo ascoltati.
La vostra sofferenza
ragazzi è quella che fa più male, certo il dolore non si può misurare ma in voi
ho potuto leggere un tormento composto di aspetti così diversi che si fatica a
capire da che parte iniziare, non è semplice identificare il capo del filo in
una matassa ingarbugliata. Rispetto allo scorso maggio, si parla un po’ di più
di voi adolescenti. Se ne parla perché ci sono state le problematiche rispetto
alla gestione della scuola, dei mezzi di trasporto, oppure perché forse ci si è
finalmente accorti che avete dei bisogni che sono stati spazzati via,
cancellati. So che siete arrabbiati, so che ciò che vi disturba di più è aver
sperimentato a più riprese l’incoerenza dell’adulto. Certo è un modo strano questo
di fare i conti con la perdita dell’adulto immaginario, quello di cui ci si può
fidare, cui appoggiarsi, da cui avere protezione certa, quello che ha una
soluzione giusta, che non sbaglia mai, ci si deve arrivare a questo ma non così.
Questo periodo vi ha dato modo di vedere che
gli adulti sono fallibili, tanto, anzi parecchio. Avete letto la nostra confusione,
la nostra disorganizzazione, il nostro essere contraddittori. Avete capito che
possiamo essere apparentemente illogici, sconnessi dalla realtà, tutte cose che
si rinfacciano a voi, quando noi genitori e adulti vi chiediamo di essere
concreti, di prendere decisioni, di essere responsabili… vi siete sentiti, come
tutti noi, tenuti in sospeso nella necessità dei politici di dover prendere
decisioni che accontentino tutti, o che non scontentino alcuni. Avete visto
come a volte gli adulti sono costretti a decidere e a penalizzare qualcuno, a
volte forse come tutti noi non avete capito, siete stati disorientati da
scelte, comunicazioni contrastanti. Si parla in qualche articolo di voi e si
comincia dire che il coronavirus inizia ad avere, anche su di voi, forti
effetti. Forse è da prima di maggio che il virus ha incominciato a lasciare dei
segni su di voi, ma voi siete stati forti, avete cercato di resistere con le
vostre belle risorse e probabilmente ora siete così stanchi che credete di non averne
più. Vi ho visto cercare di far fronte a questa guerra, accettare le rinunce, a
non poche, quante rinunce! Vi ho visto prima, adattarvi agli orari, agli ingressi
modificati, alle finestre aperte con i primi freddi, alle mascherine sul viso
fisse, a non potersi parlare alla ricreazione come avreste voluto, a non poter
fermarsi fuori di scuola per due parole, per un abbraccio. Vi ho visto
rinunciare all’uscire il pomeriggio, a dover scegliere chi incontrare per stare
dentro i numeri imposti, dover scegliere solo quattro amici e a sentirvi dire
“allora niente”, vi ho visto dover rinunciare alla palestra, ai corsi di danza,
al nuoto, allo sport, al ritrovarsi in piazza, alle uscite per una pizza, allo
stare in casa a guardare anche un film, a stare attenti a rientrare di corsa…
Vi ho sentito silenziosamente affranti, mi avete detto che vi è stato tolto
tutto ciò che per voi rappresenta non solo un divertimento, una passione, ma
anche la possibilità di poter scaricare la fatica, le tensioni e le angosce. Vi
ho visto perdere la voglia di alzarvi, lavarvi il viso e vestirvi per
partecipare alla lezione online, vi ho visto perdere il vostro ritmo del sonno,
modificare l’appetito, perdere la voglia di fare, mi avete fatto capire che vi siete
sentiti giorno dopo giorno sempre più inutili… C’è una rabbia muta, la
delusione di non poter festeggiare un compleanno, non poter celebrare la
patente, di non poter programmare e progettare l’ultimo dell’anno, c’è la paura
che gli amici si allontanino, come se questo mare d’isolamento vi circondasse
rendendovi isole galleggianti che si allontanano sempre di più… Vi ho visto
spegnervi, ho visto estinguersi quell’eccitazione sana del passaggio da un
ciclo all’altro degli studi, la voglia e il fermento di cambiare classe,
inserirsi in un nuovo gruppo, poter provare a rimettersi in gioco con nuovi
professori, nuove materie, avete avuto appena il tempo di conoscere la classe
per poi ritrovarvi di nuovo chiusi in casa e quindi a non sapere su chi contare
e per chi contiate qualcosa. Ho visto molti di voi stare fisicamente male e non
riuscire ad attribuire un nome a questo malessere, spesso lo avete chiamato
ansia, ma penso che accanto a questo ci sia molto di più; c’è la paura di
essere gli unici a provare tutto ciò, di non poterlo spiegare come state, la
volontà di non preoccupare i vostri genitori che magari vedete già impegnati in
altri pensieri, già tesi per altri motivi… voi che avete bisogno di stabilità e
coerenza da parte degli adulti vi siete trovati, come tutti noi, disorientati,
spaesati, sgomenti davanti a messaggi a volte poco comprensibili, contraddittori,
privi di buon senso. Avete smesso di ascoltare pareri che si accavallano, che
confondono e non aiutano ad avere chiarezza. Così molti di voi sono stati
criticati per essersi “rintanati” nelle vostre camere e vi siete scontrati con
i vostri genitori per far capire loro che era una necessità, anziché una fuga,
che è il vostro bisogno di ritrovare uno spazio integro, l’urgenza necessaria
di creare quella distanza dai vostri genitori che vi permette di potervi
individuare, di trovare il tempo e lo spazio per immaginare che individuo
sarete. Vi ho visto scivolare nella noia e nell’apatia, spesso interpretati come
un’ennesima prova di pigrizia, anche se non è sempre e solo così. Mi avete
detto che vi sembra di perdere delle occasioni, di buttare via il tempo. Come
vi dicevo lo so bene che non è facile, cerco di capirvi, di comprendere ma aldilà
di annotare ciò che vi sta accadendo ho bisogno di dirvi qualcos’altro.
Sicuramente vi siete già sentiti dire che non durerà per sempre, che tutto
questo finirà. Lo so, non avere una data, una scadenza rende tutto più gravoso,
però se posso vorrei suggerirvi un esercizio: iniziate a programmare,
progettare anche senza una data. C’è un tempo per la tristezza, c’è un tempo
per il lamento, c’è un tempo per la preoccupazione ma poi è necessario che
tutto questo sia chiuso in un cassetto e si aprano altri cassetti. Come dico
spesso a qualcuno di voi, avete una serie infinita di cassetti dentro di voi,
nella vostra testa e nel vostro cuore, sono molto utili, come i cassetti di
casa: qualche volta possiamo nasconderci delle cose, buttate dentro alla
rinfusa, per creare un ordine esterno, come a volte facciamo quando arrivano
ospiti e racchiudiamo tutto dentro i cassetti. Tuttavia in quei cassetti o in
altri cassetti ci possiamo trovare anche cose che ci possono tornare utili,
bisogna aprirli. Ora è il momento di aprire il cassetto della speranza, questa parola a volte può sembrare
screditata, sembra che sperare sia uguale a non agire, ci s’immagina fermi a
sperare che cambi qualcosa, io non penso a una speranza passiva ma a una
speranza attiva. È vero non ci sarà un ultimo dell’anno di festa con gli amici,
l’occasione di riunirsi, di festeggiare, di dare il benvenuto al nuovo anno;
sarà un ultimo dell’anno in cui ci ritroveremo come quella volta che ci siamo
ammalati proprio il giorno della partenza della gita, come quando c’è scoppiata
la febbre o l’influenza intestinale qualche ora prima della fantastica festa
dell’ultimo dell’anno, come quella volta che ci siamo rotti un tendine e non
siamo potuti partire per la vacanza programmata per mesi con i nostri amici,
oppure quando non siamo riusciti a preparare il passaporto in tempo… Quest’anno
è quest’anno, non è tutta la vita, cominciate a pensare all’anno prossimo a ciò
che potreste fare. I sogni ad occhi aperti non sono il patrimonio esclusivo
delle bambine che vogliono diventare principesse, i sogni ad occhi aperti
aiutano a diventare invincibili atlete, attori affermati, imprenditori capaci,
medici coscienziosi ed empatici, genitori amorosi, ottime cuoche, gentili commessi
…
Avete paura? E chi non ce
l’ha? Abbiamo subito tutti un danno, ognuno il suo e voi uno più grande, ma chi
ha subito un danno è pericoloso, perché non ha più paura, sa di poter sopravvivere,
e voi sopravvivrete; con delle cicatrici in più, che resteranno nella mente e
nel cuore, ma se vi prenderete cura della vostra ferita, sarà un segno che
rimarrà a ricordo, come un tatuaggio, di quelli che vi fate per fermare un
momento, per rendere omaggio a qualcosa, a qualcuno. Ebbene queste cicatrici
possono essere un omaggio a quello che siete stati nel momento della
difficoltà, a come avete resistito e reagito, e se non avete la forza di farlo
subito, raccogliete le forze, parlate, dite quello che sentite, cercate e
troverete qualcuno che è lì per ascoltarvi, c’è, credetemi. Abbandonate i “mai”
e fate spazio ai “si può”, guardatevi allo specchio e strizzate l’occhio a
quello che scorgete; dentro di voi c’è tanto di più di ciò che vedete, cercatelo,
prendetevi il tempo, non potete trascurarvi. Mi rivolgo a voi genitori, ci sarà
chi starà approfittando della situazione, chi con la DAD si porta a casa senza
troppo sforzo l’anno, c’è chi s’impigrisce e non dà, ma c’è chi sta resistendo,
chi si adatta, chi lo fa onestamente e con dignità, chi si sta perdendo e ha
bisogno di poter esprimere il suo disorientamento, le incertezze e le paure. Forse
noi adulti non abbiamo tutte le risposte, non abbiamo la bussola, ma possiamo
sederci accanto a loro ad ascoltare, preparare un the caldo e guardarli negli
occhi, sdraiarci con loro sul loro letto sfatto e guardare insieme con loro il
soffitto della loro camera.
Cos’ è necessario fare? Non
esistono ricette ma credo che sia importante ri-tentare, tentare, come a volte si fa senza sapere se andrà bene,
e se non andrà come deve andare si riproverà, perché se una cosa non va, si
disfa e si rifà, altrimenti non c’è storia. Quando un sogno non va in porto, è
necessario poter credere che ce ne sarà un altro. Sperare e difendere i propri sogni ad ogni costo, riprovare, ma voi
siete in grado di farlo, l’avete in voi la forza per fare e disfare per provare
e riprovare, per fare un giorno quello che amerete fare, credetemi. Potete
restare a lamentarvi oppure combattere.
Un grande poeta
E.E.Cummings diceva: “Ogni volta che credi o che pensi o che sai, sei tante
altre persone: ma nel momento in cui senti,
non sei altro tranne che te stesso…Non
essere altro che se stessi in un mondo che giorno e notte fa del suo meglio per
renderti qualcun altro vuol dire combattere la più dura battaglia che ogni
essere umano possa affrontare, senza smettere mai di battersi…”.
Allora posso solo dirvi che
lo so che è difficile, che normale per voi sarebbe poter progettare, prendere
impegni, immaginare viaggi, immaginare un lavoro, conquistare un amore. Quest’anno sembra perso, sembra non aver
portato che guai, niente di buono, vuoto, buio ma non è così. E’ come se vi
foste preparati a una gara senza raggiungere l’obiettivo, come sperare di aver
fatto bene un colloquio di lavoro ma poi non essere richiamati, come sperare di
uscire con una persona che v’interessa e all’ultimo essere respinti. Quest’anno
non è un vuoto a perdere e non lo siete voi, è un allenamento a possibili imprevisti
imponderabili che potrete avere nella vostra vita, e voi arriverete pronti,
forgiati, come un metallo, magari una lega impura, ma sarà ancora più resistente.
Tutto quello che avreste voluto fare, sognatelo, preparatelo, siate voi stessi,
fatevi sentire, anche con i vostri silenzi, c’è chi attorno a voi è pronto ad
ascoltarvi, ad aiutarvi e a ripartire. Auguri ragazzi, di cuore.
Ecco
alle porte il tanto sospirato quattro maggio, invocato da tutti, ma credo tanto
atteso e con diritto da quella fascia di persone, a mio parere, un po’
trascurate in questi due mesi: gli adolescenti. Mi sono proprio detta “ sono
sempre motivo di discussione, sempre nell’occhio del ciclone e per sessanta
giorni hanno assunto una leggerezza mai vista, quasi scomparsi”.
Spesso
il nostro atteggiamento di adulti è di giudicare velocemente, prima vi abbiamo delegati:
alla scuola, alla tv, ai social, allo sport, poi ci siamo lamentati perché non
ci parlate, accusandovi di essere egoisti di pensare solo a voi stessi. Invece personalmente
penso che proprio voi, abbiate dimostrato di essere più sensibili, civili e
responsabili di molti di noi. Non siete stati voi a riempire treni e a
percorrere tutto lo stivale, non siete stati voi ad accalcarvi sulle piste di
sci nei weekend a ridosso della quarantena, non voi a dire “ è poco più di
un’influenza…”. Si è parlato di voi come coloro che, nel vostro muovervi,
potevate portare danno agli anziani, ai nonni: forse perché sembrate sempre
insofferenti verso tutti e non ci mettete nulla a dare dei “vecchi” ai vostri
genitori, ma so anche bene che guai a chi vi tocca i vostri nonni, so bene la
paura che avete di perderli, e conosco il dolore di chi effettivamente li ha
persi. Mai mettereste a repentaglio la loro vita, sono gli unici cui rispondete
al telefono, con cui non vi spazientite se non sentono, se vi chiamano interrompendo
le vostre cose. A volte sono gli unici adulti con cui parlate volentieri. Da
piccoli vi abbiamo riempito le giornate di attività e quando piano piano avete
recuperato la vostra volontà e libertà di decidere vi abbiamo accusati di aver
abbandonato questo e quello, forse eravate solo stanchi che qualcuno
incasellasse di cose la vostra giornata… non vi abbiamo lasciato modo di
sperimentare la noia, le passeggiate fuori a cercare qualcuno con cui parlare, ritrovarsi
e quando vi abbiamo chiesto “dove vai?” non ci è bastato “fuori a fare un giro”,
ci deve essere un perché, mica si può uscire senza un perché. Però ora che anche
noi non possiamo uscire, ci inventiamo un perché, una scusa per uscire, ci
indigniamo per le restrizioni di non poter uscire neppure a far una
passeggiata.
Certo
noi adulti abbiamo temuto per voi, per quel mondo là fuori, diverso da quello
della nostra generazione e di quella dei nonni, liberi di girare, di non
rendere conto per delle ore, di poter sperimentare. Lo abbiamo fatto per voi,
per proteggervi e in qualche caso forse è servito ma certo per la vostra
indipendenza, per il vostro senso di costrizione, credo possa aver
rappresentato un ulteriore motivo di conflitto.
Mi sono chiesta più volte, come siete stati, voi che avete l’esigenza di ritrovarvi, confrontarvi, con l’amico/a come se fosse ossigeno per respirare, voi che avete bisogno della partecipazione al gruppo di coetanei, delle relazioni vere anche se complicate e a volte rischiose, indispensabili nel distacco dalla famiglia, per sentirvi individui compiuti. Come siete stati a non poter incontrare chi vi fa battere il cuore con un ritmo unico, che toglie il fiato e che vi fa sentire vivi come non mai? Mi chiedevo come potevate stare a non poter incrociare le vostre dita, battere i vostri palmi, abbracciarvi battendovi sulle spalle o stringendo forte a voi colei/colui che sa tutto di voi, che vi capisce senza parlare, che vi ascolta in qualunque momento, che accetta la vostra rabbia senza paura, a cui potete mostrare le vostre lacrime senza disagio? Vi è stato tolto, per un periodo lunghissimo, un valore che è la base della vostra trasformazione in persone consapevoli, vi è stata tolta la libertà, vi è stato chiesto di rinunciarvi e la maggior parte di voi l’ha fatto senza discussioni. Vi è stato chiesto di rinunciare all’uscire, alla possibilità di allontanarvi da quegli adulti che a volte sono invadenti, poco comprensivi, intolleranti, di rinunciare alla possibilità di prendere distanza, di evitare discussioni e incomprensioni. Siete dovuti rimanere a contatto con noi adulti a volte incoerenti, sempre pronti a chiedervi di staccarvi dal cellulare ma incapaci di non farci vedere sui social, impegnati in telefonate, a controllare le notifiche anche a tavola… Avete dovuto sentirci lamentare perché vi chiudevate in camera, perché non vi si vedeva mai, e forse non abbiamo fatto fatica a comprendere che era per voi essenziale ricavarvi uno spazio in cui poter pensare, senza interferenze, per potersi ritrovare e calmierare le emozioni e i turbamenti, per poterli stemperare prima di dover riapparire e per forza riavere a che fare con noi.
Ora
che vi abbiamo avuto in casa, vi abbiamo anche scoperti capaci di essere parte
della famiglia, ci avete chiesto di imparare a essere più autonomi, ci avete
affiancato in cucina, avete riscoperto di poter aiutare a sistemare garage,
cantine, imbiancare muri, insegnare qualche esercizio di ginnastica ai genitori
o ai fratelli, magari qualcuno non l’avrà fatto volontariamente, ma sono certa
che per altri casi è stato dato per scontato che non l’avreste fatto e invece
vi siete rivelati una sorpresa.
Vi
abbiamo insultato per il vostro tempo perso davanti ai computer, gli stessi
mezzi che poi ora ci hanno insegnato a usare meglio per lo Smart work, voi che avete
aiutato i professori a organizzare meglio le lezioni online e che avete
coinvolto compunti genitori a creare spiritosi filmati di famiglia da
condividere su canali social.
Finalmente,
senza gli spazi di fuga garantiti dai nostri frenetici ritmi lavorativi e dai
vostri impegni, abbiamo avuto l’occasione di cambiare il nostro sguardo che
guardava ma che non vedeva, forse all’inizio non è stato semplice ma penso che
sia stata una grande opportunità per noi adulti. Io penso che sia dura per voi
adolescenti passati dall’essere il bambino messia, l’idolo tanto atteso,
all’adolescente che ha perso i suoi primi fans, che non lo vedono più speciale,
anzi non lo riconoscono più, ora che vi state differenziando, che state scegliendo
di essere quello che vorreste essere, ecco che allora forse scegliete modi
diversi di farvi idolatrare, chiedendo Like e condivisioni, in una nuova forma
che ripaghi le vostre delusioni in un modo semplice, col rischio che però se ne
creino altre, che crediate di piacere per quell’immagine che date e non per
quello che siete, e siete tanto, infinitamente di più. Vi siete sentiti dire
che il vostro è un periodo di vita spensierata, da rimpiangere… forse non
abbiamo la percezione dell’infelicità, del vuoto cosmico, della crisi d’identità,
dell’inadeguatezza, del sentirsi soli, esclusi inutili e persi che purtroppo
per qualcuno di voi è sensazione concreta e realtà quotidiana.
Contemporaneamente abbiamo avuto la possibilità e per qualcuno la fortuna, di
renderci conto di come sapete essere ironici, a volte saggi, che sapete
consolare e rassicurare anche noi adulti, talvolta talmente in difficoltà da
rifugiarci nelle cucine a tenere le mani e la testa occupata a impastare pizze,
torte e progetti post coronavirus.
In
questo momento ancor di più vi accusiamo di essere instabili, di umore
altalenante, ma ancora una volta sbagliamo lettura: da parte vostra un
comportamento stabile sarebbe atipico e anormale. Normale è che vi comportiate
in modo incoerente e imprevedibile: amare e odiare, vergognarsi e apprezzare i
genitori, essere generosi e altruisti ma anche egocentrici. Una struttura adulta
richiede tempo per emergere: integrare parti di Se, corpo e mente, trovare uno specchio
in cui riflettersi, che accetti le vostre proiezioni, che non siano vissute
come rifiuto, richiede tempo e fatica. Ci sembrate procedere spediti e sicuri
verso il futuro, ma spesso i passi di crescita emotiva sono incerti, certe
volte avete bisogno di tornare un po’ indietro per rassicurarvi e controllare
“l’inquietante estraneo” che sta prendendo forma dentro di voi. Compito nostro dovrebbe essere quello di non
mostrarvi paura e disorientamento: “Se questo che sto diventando non fa paura a
te che mi conosci, non farà paura nemmeno a me”, mentre a volte siamo disorientati
e bloccati.
Nel
guardare avanti verso l’ignoto credo che a volte in voi ci sia paura di
perdersi o di dipendere o di provare la paura claustrofobica di essere
inglobati.
La
lotta emotiva urgente è nel presente e vi sottrae molta energia, non ce n’è
abbastanza per occuparsi di tutto, ecco perché forse non siete puntuali e
ordinati, difficile stare dietro a tutto… (anche se non dovrebbe essere per
sempre!)
Non
sempre noi adulti ci accorgiamo di quanto potete essere tristi, forse perché
pensiamo che non dovreste avere il diritto di esserlo, a volte vi facciamo
sentire sbagliati perché non siete felici e dovreste esserlo, non capiamo
perché dovreste soffrire solo per il fatto di essere giovani.
La scuola online per qualcuno di voi è stata
una perdita, vi manca la possibilità di confrontarvi con la classe, i ritmi e
le abitudini, per altri è stata una liberazione dalla sofferenza di non
sentirsi accettati dal gruppo, di avere un passo diverso e di arrancare per un
voto, per alcuni è stata la possibilità di evitare la sensazione di sentirsi
inadeguati. Per qualcuno poi la scuola
genera sofferenza, non sto parlando di fatica, che quella è necessaria, sto
parlando del fatto che forse non siete stati aiutati a essere consapevoli che quella
fatica siete in grado di compierla, che gli insuccessi non devono mai deludere
voi né nessun altro. Forse non avete trovato adulti, educatori autorevoli che
fossero una “base sicura” permettendovi di potervi fidare e affidare, che in
qualche modo vi hanno fatto capire che credevano in voi. Credo che spesso siate
alla ricerca di personalità e che sappiate riconoscerla negli adulti di
riferimento, anche se siete pronti a cogliere i nostri difetti, a volte siete irriverenti,
pronti a contestare gli insegnanti ma siete anche in grado di distinguere chi
dona qualcosa, chi distribuisce.
Quello
che si sente ripetere in più ambiti è che i ragazzi sono cambiati, non sono più
i ragazzi di una volta. Tutto vero, siete diversi dai ragazzi di ieri ma ciò
che forse si dice poco è che anche gli adulti di oggi sono diversi dagli adulti
di ieri. Diversi i genitori, gli insegnanti, le figure di riferimento, le
figure da affrontare, da smontare, di cui prendere qualche pezzo buono e farlo
proprio. Ci sembra di esservi più vicini ma forse non è abbastanza.
Da bambini
ci vedete come miti, come depositari del sapere, poi iniziate a vederci umani e
fallibili e questo non è un male, scoprite
che anche noi adulti, ormai completi, siamo imperfetti e che le nostre
competenze talvolta non sono altissime…Siete fatti di gesti della mente:
pensieri, parole, fantasia, e molti di voi hanno usato questo periodo per
scrivere testi o canzoni, siete fatti di gesti del corpo e molti hanno deciso
di usarlo per approcciare uno strumento, per allenarsi in casa, per dipingere
un quadro o creare progetti. Spesso vi abbiamo visto come apatici, ma se
percepite il disinteresse o uno sguardo di delusione su di voi, forse è inevitabile
che ci s’impantani per la paura di scontentare ancora, ci si arrabbia talmente
tanto da paralizzarsi, non ci si prova più. Sembrate anafettivi ma a ben vedere
per chiunque nella tristezza profonda si perde la capacità di amarsi e di
amare. In realtà credo sia solo una
difficoltà di descrivere, di parlare del vostro mondo interno. Preferite
ascoltare, fate fatica a trovare le parole per esprimere i vostri sentimenti in
una sorta di pudore che vi protegge, da noi adulti, forse temendo l’uso che
potremmo farne dell’essere a conoscenza di ciò che provate. Penso a chi non
vede l’ora di andare fuori ma anche a chi ha paura, a chi si sente spaesato,
disorientato, a chi già prima faticava a uscire, a trovare il suo posto là
fuori, chiusi in silenzi, senza chiedere qualcosa per se, arrangiandosi,
sentendosi trasparenti agli occhi di tutti, impegnati in battaglie interne che
non immaginiamo.
Mi
piacerebbe chiedervi cosa vorreste che facessimo noi adulti per “fare meglio”, vi
vorrei chiedere cosa vorreste sognare se poteste farlo, l’unica cosa che io
potrei dire è che non serve sempre parlare, che a volte vi basterebbe una
presenza silenziosa, uno sguardo più ampio che segue, mentre vi spostate e
giustamente prendete distanza.
Senza
irritarsi per quegli occhi che molto spesso sono bassi, che non incrociano i
nostri non sempre per disinteresse ma spesso per pudore, per disabitudine, allo
stesso tempo dovremmo guardare i vostri occhi che sfidano, che non abbassano lo
sguardo, perché sono certa che non volete il duello sempre, volete vedere se ci
siamo, se restiamo nonostante tutto.
A
chi esce sereno e a chi ha timore di farlo dico solo che è giusto provare paura
ma non dobbiamo lasciare che s’impossessi di noi, che opacizzi lo specchio che
rimanda la vostra immagine per colpa di un futuro certo insidioso ma che non
può toglierci la speranza, vi chiedo di dare ascolto alle vostre idee
strampalate e assurde ma vive e rigurgitanti di energia, quella che noi non
abbiamo e a volte vi sbarriamo. Attingete al vostro spirito, siete energia e
può essere un’energia bellissima che può cambiare il mondo e se non lo dovesse
cambiare non importa, può cambiare anche solo il senso di un giorno a qualcuno
ed è già una gran cosa.
Ai
vostri genitori chiedo di guardare i vostri piedi chiusi in scarpe slacciate e
non solo per fare in fretta ma per dare il segnale che non vi leghiamo, che
siete liberi… chiedo di ascoltare i vostri silenzi, di chiedere cosa vorreste
essere, di immaginarvi come ciò che vorreste essere perché questa energia passa
e si diffonde oltre le parole e arriva a voi in qualche modo e fa’. Chiedo di
ascoltare le vostre paure, la vostra tendenza ad abbandonare, il sentirsi soli
in mezzo a tanti, sentirsi diversi e volerlo essere.
Chiedo di non vedervi solo oggetti persecutori, provocatori, stanchi, annoiati, menzogneri, ma che c’è senz’altro dell’altro, di vedervi come persone impegnate in battaglie quotidiane e se lo siamo noi adulti con le nostre fatiche come potete non esserlo voi?
A
tutti gli adulti chiedo di fermarsi ad ascoltare e di farvi capire che volete comprendere,
chiedo di non chiedere solo di essere ascoltati ma di farlo come uno scambio, rassicurandovi,
abbandonando il “devi farlo”, tenendo saldo il “ puoi farlo e lo farò io per e
con te”.
convegno di formazione per dirigenti scolastici, insegnanti e genitori.
In questi anni si sono intercettati molti adolescenti italiani e stranieri che hanno portato al servizio i loro pensieri, le loro confidenze, i loro malesseri e disagi. Viene da chiedersi se l’adolescenza attuale manifesti caratteri ancora diversi dal passato. C’è qualche cosa di radicalmente mutato, nella società e nelle culture, da produrre la disgregazione dei legami familiari, dei cambiamenti culturali, la difficoltà di mantenere relazioni con gli adulti e tra i pari? L’ascolto diventa uno strumento potente per supportare le classi multiculturali, per i ragazzi in questa fase di passaggio, per i docenti nell’aiutarli a comprendere i disagi dei ragazzi, per tutti nell’agevolare processi comunicativi e favorire relazioni positive. L’azione di counseling, intrecciata con il lavoro di genitori e docenti, insieme agli interventi di contenimento, cura e prevenzione aiuta gli adolescenti in questa fase di transito. Riflettere sull’adolescenzae diffondere alle scuole le esperienze fatte nel progetto ci aiuta anche a prevedere insieme prospettive future.
La scuola Materna e asilo Integrato San Gaetano di Rizza VR organizza una serata il 12 aprile 2018 con la Dott.ssa Cristina Albertini dal titolo “Le emozioni e Le reazioni dei bambini: aiutiamoli a conoscerle e a gestirle”
Evento organizzato da prospettiva famiglia come scuola per genitori ed educatori, giovedì 08 marzo 2018 presso il Centro Civico Tommasoli alle ore 20,45. Relatore della serata la Dottoressa Cristina Albertini Neuropsichiatra Infantile. Scuola per genitori ed educatori di prospettiva famiglia, insieme alla rete di scuole ” scuola e territorio: educare insieme”, propone un significativo momento di condivisione e riflessione rivolto a genitori, educatori e giovani.
Evento organizzato da prospettiva famiglia come scuola per genitori ed educatori, giovedì 16 marzo 2017 presso il Centro Civico Tommasoli alle ore 20,45. Relatore della serata la Dottoressa Cristina Albertini Neuropsichiatra Infantile
La scuola per Genitori, Educatori e giovani dell’Associazione Prospettiva Famiglia, per l’ottava stagione, in collaborazione con la Rete di Scuole” Scuole e Territorio: Educare insieme”, mantiene il desiderio di proporre, con i suoi interventi, un percorso di formazione di grande spessore ed attualità, attraverso appuntamenti articolati e coinvolgenti.
Sei la più grande delusione della mia vita. La frase che nessun figlio vorrebbe sentir pronunciare dal proprio padre. Quanto è giusto rovesciare sui propri figli responsabilità e progetti di vita non loro? Quali aspettative si possono avere sui figli, rispettando le loro libertà e il loro modo d’essere?
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