Adolescenti, vi abbiamo sottovalutato.

Ecco alle porte il tanto sospirato quattro maggio, invocato da tutti, ma credo tanto atteso e con diritto da quella fascia di persone, a mio parere, un po’ trascurate in questi due mesi: gli adolescenti. Mi sono proprio detta “ sono sempre motivo di discussione, sempre nell’occhio del ciclone e per sessanta giorni hanno assunto una leggerezza mai vista, quasi scomparsi”.

Spesso il nostro atteggiamento di adulti è di giudicare velocemente, prima vi abbiamo delegati: alla scuola, alla tv, ai social, allo sport, poi ci siamo lamentati perché non ci parlate, accusandovi di essere egoisti di pensare solo a voi stessi. Invece personalmente penso che proprio voi, abbiate dimostrato di essere più sensibili, civili e responsabili di molti di noi. Non siete stati voi a riempire treni e a percorrere tutto lo stivale, non siete stati voi ad accalcarvi sulle piste di sci nei weekend a ridosso della quarantena, non voi a dire “ è poco più di un’influenza…”. Si è parlato di voi come coloro che, nel vostro muovervi, potevate portare danno agli anziani, ai nonni: forse perché sembrate sempre insofferenti verso tutti e non ci mettete nulla a dare dei “vecchi” ai vostri genitori, ma so anche bene che guai a chi vi tocca i vostri nonni, so bene la paura che avete di perderli, e conosco il dolore di chi effettivamente li ha persi. Mai mettereste a repentaglio la loro vita, sono gli unici cui rispondete al telefono, con cui non vi spazientite se non sentono, se vi chiamano interrompendo le vostre cose. A volte sono gli unici adulti con cui parlate volentieri. Da piccoli vi abbiamo riempito le giornate di attività e quando piano piano avete recuperato la vostra volontà e libertà di decidere vi abbiamo accusati di aver abbandonato questo e quello, forse eravate solo stanchi che qualcuno incasellasse di cose la vostra giornata… non vi abbiamo lasciato modo di sperimentare la noia, le passeggiate fuori a cercare qualcuno con cui parlare, ritrovarsi e quando vi abbiamo chiesto “dove vai?” non ci è bastato “fuori a fare un giro”, ci deve essere un perché, mica si può uscire senza un perché. Però ora che anche noi non possiamo uscire, ci inventiamo un perché, una scusa per uscire, ci indigniamo per le restrizioni di non poter uscire neppure a far una passeggiata.

Certo noi adulti abbiamo temuto per voi, per quel mondo là fuori, diverso da quello della nostra generazione e di quella dei nonni, liberi di girare, di non rendere conto per delle ore, di poter sperimentare. Lo abbiamo fatto per voi, per proteggervi e in qualche caso forse è servito ma certo per la vostra indipendenza, per il vostro senso di costrizione, credo possa aver rappresentato un ulteriore motivo di conflitto.

Mi sono chiesta più volte, come siete stati, voi che avete l’esigenza di ritrovarvi, confrontarvi, con l’amico/a come se fosse ossigeno per respirare, voi che avete bisogno della partecipazione al gruppo di coetanei, delle relazioni vere anche se complicate e a volte rischiose, indispensabili nel distacco dalla famiglia, per sentirvi individui compiuti. Come siete stati a non poter incontrare chi vi fa battere il cuore con un ritmo unico, che toglie il fiato e che vi fa sentire vivi come non mai? Mi chiedevo come potevate stare a non poter incrociare le vostre dita, battere i vostri palmi, abbracciarvi battendovi sulle spalle o stringendo forte a voi colei/colui che sa tutto di voi, che vi capisce senza parlare, che vi ascolta in qualunque momento, che accetta la vostra rabbia senza paura, a cui potete mostrare le vostre lacrime senza disagio? Vi è stato tolto, per un periodo lunghissimo, un valore che è la base della vostra trasformazione in persone consapevoli, vi è stata tolta la libertà, vi è stato chiesto di rinunciarvi e la maggior parte di voi l’ha fatto senza discussioni. Vi è stato chiesto di rinunciare all’uscire, alla possibilità di allontanarvi da quegli adulti che a volte sono invadenti, poco comprensivi, intolleranti, di rinunciare alla possibilità di prendere distanza, di evitare discussioni e incomprensioni. Siete dovuti rimanere a contatto con noi adulti a volte incoerenti, sempre pronti a chiedervi di staccarvi dal cellulare ma incapaci di non farci vedere sui social, impegnati in telefonate, a controllare le notifiche anche a tavola… Avete dovuto sentirci lamentare perché vi chiudevate in camera, perché non vi si vedeva mai, e forse non abbiamo fatto fatica a comprendere che era per voi essenziale ricavarvi uno spazio in cui poter pensare, senza interferenze, per potersi ritrovare e calmierare le emozioni e i turbamenti, per poterli stemperare prima di dover riapparire e per forza riavere a che fare con noi.

Ora che vi abbiamo avuto in casa, vi abbiamo anche scoperti capaci di essere parte della famiglia, ci avete chiesto di imparare a essere più autonomi, ci avete affiancato in cucina, avete riscoperto di poter aiutare a sistemare garage, cantine, imbiancare muri, insegnare qualche esercizio di ginnastica ai genitori o ai fratelli, magari qualcuno non l’avrà fatto volontariamente, ma sono certa che per altri casi è stato dato per scontato che non l’avreste fatto e invece vi siete rivelati una sorpresa.

Vi abbiamo insultato per il vostro tempo perso davanti ai computer, gli stessi mezzi che poi ora ci hanno insegnato a usare meglio per lo Smart work, voi che avete aiutato i professori a organizzare meglio le lezioni online e che avete coinvolto compunti genitori a creare spiritosi filmati di famiglia da condividere su canali social.

Finalmente, senza gli spazi di fuga garantiti dai nostri frenetici ritmi lavorativi e dai vostri impegni, abbiamo avuto l’occasione di cambiare il nostro sguardo che guardava ma che non vedeva, forse all’inizio non è stato semplice ma penso che sia stata una grande opportunità per noi adulti. Io penso che sia dura per voi adolescenti passati dall’essere il bambino messia, l’idolo tanto atteso, all’adolescente che ha perso i suoi primi fans, che non lo vedono più speciale, anzi non lo riconoscono più, ora che vi state differenziando, che state scegliendo di essere quello che vorreste essere, ecco che allora forse scegliete modi diversi di farvi idolatrare, chiedendo Like e condivisioni, in una nuova forma che ripaghi le vostre delusioni in un modo semplice, col rischio che però se ne creino altre, che crediate di piacere per quell’immagine che date e non per quello che siete, e siete tanto, infinitamente di più. Vi siete sentiti dire che il vostro è un periodo di vita spensierata, da rimpiangere… forse non abbiamo la percezione dell’infelicità, del vuoto cosmico, della crisi d’identità, dell’inadeguatezza, del sentirsi soli, esclusi inutili e persi che purtroppo per qualcuno di voi è sensazione concreta e realtà quotidiana. Contemporaneamente abbiamo avuto la possibilità e per qualcuno la fortuna, di renderci conto di come sapete essere ironici, a volte saggi, che sapete consolare e rassicurare anche noi adulti, talvolta talmente in difficoltà da rifugiarci nelle cucine a tenere le mani e la testa occupata a impastare pizze, torte e progetti post coronavirus.

In questo momento ancor di più vi accusiamo di essere instabili, di umore altalenante, ma ancora una volta sbagliamo lettura: da parte vostra un comportamento stabile sarebbe atipico e anormale. Normale è che vi comportiate in modo incoerente e imprevedibile: amare e odiare, vergognarsi e apprezzare i genitori, essere generosi e altruisti ma anche egocentrici. Una struttura adulta richiede tempo per emergere: integrare parti di Se, corpo e mente, trovare uno specchio in cui riflettersi, che accetti le vostre proiezioni, che non siano vissute come rifiuto, richiede tempo e fatica. Ci sembrate procedere spediti e sicuri verso il futuro, ma spesso i passi di crescita emotiva sono incerti, certe volte avete bisogno di tornare un po’ indietro per rassicurarvi e controllare “l’inquietante estraneo” che sta prendendo forma dentro di voi.  Compito nostro dovrebbe essere quello di non mostrarvi paura e disorientamento: “Se questo che sto diventando non fa paura a te che mi conosci, non farà paura nemmeno a me”, mentre a volte siamo disorientati e bloccati.

Nel guardare avanti verso l’ignoto credo che a volte in voi ci sia paura di perdersi o di dipendere o di provare la paura claustrofobica di essere inglobati.

La lotta emotiva urgente è nel presente e vi sottrae molta energia, non ce n’è abbastanza per occuparsi di tutto, ecco perché forse non siete puntuali e ordinati, difficile stare dietro a tutto… (anche se non dovrebbe essere per sempre!)

Non sempre noi adulti ci accorgiamo di quanto potete essere tristi, forse perché pensiamo che non dovreste avere il diritto di esserlo, a volte vi facciamo sentire sbagliati perché non siete felici e dovreste esserlo, non capiamo perché dovreste soffrire solo per il fatto di essere giovani.

 La scuola online per qualcuno di voi è stata una perdita, vi manca la possibilità di confrontarvi con la classe, i ritmi e le abitudini, per altri è stata una liberazione dalla sofferenza di non sentirsi accettati dal gruppo, di avere un passo diverso e di arrancare per un voto, per alcuni è stata la possibilità di evitare la sensazione di sentirsi inadeguati.  Per qualcuno poi la scuola genera sofferenza, non sto parlando di fatica, che quella è necessaria, sto parlando del fatto che forse non siete stati aiutati a essere consapevoli che quella fatica siete in grado di compierla, che gli insuccessi non devono mai deludere voi né nessun altro. Forse non avete trovato adulti, educatori autorevoli che fossero una “base sicura” permettendovi di potervi fidare e affidare, che in qualche modo vi hanno fatto capire che credevano in voi. Credo che spesso siate alla ricerca di personalità e che sappiate riconoscerla negli adulti di riferimento, anche se siete pronti a cogliere i nostri difetti, a volte siete irriverenti, pronti a contestare gli insegnanti ma siete anche in grado di distinguere chi dona qualcosa, chi distribuisce.

Quello che si sente ripetere in più ambiti è che i ragazzi sono cambiati, non sono più i ragazzi di una volta. Tutto vero, siete diversi dai ragazzi di ieri ma ciò che forse si dice poco è che anche gli adulti di oggi sono diversi dagli adulti di ieri. Diversi i genitori, gli insegnanti, le figure di riferimento, le figure da affrontare, da smontare, di cui prendere qualche pezzo buono e farlo proprio. Ci sembra di esservi più vicini ma forse non è abbastanza.

Da bambini ci vedete come miti, come depositari del sapere, poi iniziate a vederci umani e fallibili e questo non è un male, scoprite che anche noi adulti, ormai completi, siamo imperfetti e che le nostre competenze talvolta non sono altissime…Siete fatti di gesti della mente: pensieri, parole, fantasia, e molti di voi hanno usato questo periodo per scrivere testi o canzoni, siete fatti di gesti del corpo e molti hanno deciso di usarlo per approcciare uno strumento, per allenarsi in casa, per dipingere un quadro o creare progetti. Spesso vi abbiamo visto come apatici, ma se percepite il disinteresse o uno sguardo di delusione su di voi, forse è inevitabile che ci s’impantani per la paura di scontentare ancora, ci si arrabbia talmente tanto da paralizzarsi, non ci si prova più. Sembrate anafettivi ma a ben vedere per chiunque nella tristezza profonda si perde la capacità di amarsi e di amare.  In realtà credo sia solo una difficoltà di descrivere, di parlare del vostro mondo interno. Preferite ascoltare, fate fatica a trovare le parole per esprimere i vostri sentimenti in una sorta di pudore che vi protegge, da noi adulti, forse temendo l’uso che potremmo farne dell’essere a conoscenza di ciò che provate. Penso a chi non vede l’ora di andare fuori ma anche a chi ha paura, a chi si sente spaesato, disorientato, a chi già prima faticava a uscire, a trovare il suo posto là fuori, chiusi in silenzi, senza chiedere qualcosa per se, arrangiandosi, sentendosi trasparenti agli occhi di tutti, impegnati in battaglie interne che non immaginiamo.

Mi piacerebbe chiedervi cosa vorreste che facessimo noi adulti per “fare meglio”, vi vorrei chiedere cosa vorreste sognare se poteste farlo, l’unica cosa che io potrei dire è che non serve sempre parlare, che a volte vi basterebbe una presenza silenziosa, uno sguardo più ampio che segue, mentre vi spostate e giustamente prendete distanza.

Senza irritarsi per quegli occhi che molto spesso sono bassi, che non incrociano i nostri non sempre per disinteresse ma spesso per pudore, per disabitudine, allo stesso tempo dovremmo guardare i vostri occhi che sfidano, che non abbassano lo sguardo, perché sono certa che non volete il duello sempre, volete vedere se ci siamo, se restiamo nonostante tutto.

A chi esce sereno e a chi ha timore di farlo dico solo che è giusto provare paura ma non dobbiamo lasciare che s’impossessi di noi, che opacizzi lo specchio che rimanda la vostra immagine per colpa di un futuro certo insidioso ma che non può toglierci la speranza, vi chiedo di dare ascolto alle vostre idee strampalate e assurde ma vive e rigurgitanti di energia, quella che noi non abbiamo e a volte vi sbarriamo. Attingete al vostro spirito, siete energia e può essere un’energia bellissima che può cambiare il mondo e se non lo dovesse cambiare non importa, può cambiare anche solo il senso di un giorno a qualcuno ed è già una gran cosa.

Ai vostri genitori chiedo di guardare i vostri piedi chiusi in scarpe slacciate e non solo per fare in fretta ma per dare il segnale che non vi leghiamo, che siete liberi… chiedo di ascoltare i vostri silenzi, di chiedere cosa vorreste essere, di immaginarvi come ciò che vorreste essere perché questa energia passa e si diffonde oltre le parole e arriva a voi in qualche modo e fa’. Chiedo di ascoltare le vostre paure, la vostra tendenza ad abbandonare, il sentirsi soli in mezzo a tanti, sentirsi diversi e volerlo essere.

Chiedo di non vedervi solo oggetti persecutori, provocatori, stanchi, annoiati, menzogneri, ma che c’è senz’altro dell’altro, di vedervi come persone impegnate in battaglie quotidiane e se lo siamo noi adulti con le nostre fatiche come potete non esserlo voi?

A tutti gli adulti chiedo di fermarsi ad ascoltare e di farvi capire che volete comprendere, chiedo di non chiedere solo di essere ascoltati ma di farlo come uno scambio, rassicurandovi, abbandonando il “devi farlo”, tenendo saldo il “ puoi farlo e lo farò io per e con te”.